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Marrakech 2016: cosa proponiamo per la COP22

La Coalizione Italiana Clima è composta da oltre 250 fra associazioni e movimenti ambientalisti, sociali e religiosi, organizzazioni sindacali e imprenditoriali, reti di studenti, media e enti locali. Siamo impegnati nella lotta per la giustizia climatica, intesa come transizione a un modello di sviluppo alternativo e sostenibile che garantisca, insieme all’imprescindibile risultato di riuscire a restare entro 1,5°C di aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali: decarbonizzazione, sicurezza alimentare, accesso all’acqua e all’energia per tutti, diritto alla terra, tutela dei beni comuni, collaborazione fra i popoli, equa ripartizione delle risorse del pianeta, il diritto alla salute.

Siamo anche impegnati, insieme e ognuno negli ambiti di competenza, per dare un contributo in termini di informazione e sensibilizzazione sul tema dell’emergenza climatica.

A un anno di distanza dall’Accordo di Parigi, in cui i leader mondiali hanno assunto l’impegno di mantenere l’aumento della temperatura media globale bene al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire l’azione volta a limitare l’aumento di temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali, l’adozione di politiche concrete non è più rinviabile.

Cosa proponiamo per la COP22

La COP22 si svolge in Africa, uno dei continenti più colpiti dai cambiamenti climatici, un continente che ha uno dei più bassi rapporti pro-capite in termini di emissioni di CO2 ma che paga uno dei prezzi più alti in termini di vite umane, guerre per l’accaparramento di risorse e di migrazioni climatiche.

Ambizione per accelerare le azioni nell’Agenda delle parti, Diritti umani, giusta transizione dei lavoratori e equità intergenerazionale

Nell’Accordo di Parigi il rispetto dei diritti umani non è stato inserito fra gli impegni ma è stato relegato nel preambolo, sottoposto alle rispettive obbligazioni dei singoli Governi, anche la giusta transizione dei lavoratori e l’equità intergenerazionale sono nel preambolo.

Il rispetto dei diritti umani, la giusta transizione dei lavoratori e l’equità, sia intergenerazionale che fra tutti gli abitanti del pianeta, sono prerequisiti irrinunciabili a cui devono rispondere tutti i progetti di mitigazione e adattamento e devono essere parte integrante degli impegni per la lotta contro i cambiamenti climatici. Rifiutiamo, invece, le false soluzioni che espropriano le popolazioni della propria terra, sottraendola spesso all’agricoltura di sostentamento per la realizzazione di grandi opere. Chiediamo inoltre il riconosciuto lo status di rifugiato ambientale.

Aumentare il livello di ambizione dell’accordo e rendere effettiva la partecipazione, tutelarne l’efficacia    

Gli impegni nazionali volontari assunti nell’Accordo di Parigi non sono sufficienti a garantire gli obiettivi di contenimento dell’aumento delle temperature. La COP22 deve avviare da subito un processo di revisione per elevare gli impegni di riduzione delle emissioni e accelerare la transizione a un’economia a zero emissioni di carbonio. Gli impegni nazionali devono essere frutto di veri processi partecipativi e democratici con il coinvolgimento delle comunità locali e delle parti sociali.

Gli impegni assunti dai singoli Paesi devono essere salvaguardati da possibili cause di risarcimento presso arbitrati di risoluzione delle controversie inseriti in accordi internazionali, come sottolineato da una risoluzione del Parlamento Europeo dell’ottobre 2015.

Finanza per il clima

La COP22 deve definire con certezza gli impegni finanziari e tecnologici necessari ai progetti di mitigazione e adattamento e per la giusta transizione dei lavoratori. I paesi industrializzati devono assumersi la responsabilità nei confronti dei paesi più poveri e più vulnerabili agli effetti devastanti dei cambiamenti climatici garantendo le risorse necessarie e l’accesso all’innovazione per evitare ogni nuova forma di dipendenza.

Cosa chiediamo all’Europa

Gli impegni al 2030 devono essere rivisti alla luce dell’obiettivo di 1,5°C e occorre intervenire prima del 2020. E’ necessaria una coerenza delle politiche europee per evitare che processi in altri ambiti, come quello economico-commerciale, possano inficiare l’Accordo di Parigi e gli obiettivi che si propone di raggiungere. L’Europa deve assumere la sua responsabilità nei confronti dei paesi più poveri, e in particolare dell’Africa, sostenendo significativamente il Fondo Verde per l’adattamento e la mitigazione.

Cosa chiediamo all’Italia   

Piano per la decarbonizzazione

L’Italia è colpevolmente impreparata alla sfida climatica. Il nostro Paese non ha ancora nessun piano strategico per la decarbonizzazione dell’economia né per la giusta transizione dei lavoratori coinvolti nei processi di cambiamento e non ha assunto nessuna misura di sostegno e incentivazione alla transizione a un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Per colmare il divario di emissioni che ci allontana da una traiettoria sicura all’interno dei +1,5°C è necessario valutare ogni scelta in materia di investimenti, politica economica, fiscale, industriale e infrastrutturale anche alla luce delle esigenze di transizione climatica. Per questo riteniamo che oltre alla definizione di un piano strategico complessivo per la decarbonizzazione, non si debba perdere nessuna occasione: dalla Legge di Bilancio, al Piano Nazionale Industria 4.0, dalla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, alla necessaria e urgente revisione della Strategia Energetica Nazionale per promuovere una riconversione sostenibile dei modelli di produzione e di consumo. La pianificazione strategica deve essere perseguita attraverso il dialogo sociale e con il coinvolgimento democratico e partecipato dei territori, delle comunità e dei lavoratori.

Piani di adattamento e piano di manutenzione del territorio

Dopo la definizione della strategia nazionale di adattamento, siamo in forte ritardo per la definizione delle linee guida di coordinamento nazionale per la definizione delle politiche e dei piani di attuazione locali e nella definizione delle macro aree.

I confini naturali dell’Italia; le Alpi e il Mediterraneo stanno risentendo moltissimo dei cambiamenti climatici in atto. Le minacce per l’ecosistema alpino e quello mediterraneo non sono un problema solo italiano ma l’Italia può avere un ruolo centrale dettato proprio dalla sua posizione geografica e dall’essere un ponte climatico tra due continenti. L’Italia deve promuovere la cooperazione con i paesi confinanti, con tutti quelli che si affacciano sul Mare Nostrum, così come con l’Africa, per definire obiettivi concreti, chiedendo anche all’Unione Europea di trovare le risorse necessarie.

Il nostro Paese ha urgente bisogno di un piano straordinario per la progettazione e realizzazione delle bonifiche del territorio, la messa in sicurezza e la manutenzione del territorio dal rischio idrogeologico, la messa in sicurezza sismica del patrimonio immobiliare pubblico e privato, la tutela del patrimonio artistico e culturale: tutto questo tenendo conto degli impatti dei cambiamenti climatici e della moltiplicazione esponenziale del rischio.

Sono queste le vere opere strategiche di cui il nostro paese ha bisogno e sono veramente indifferibili, urgenti e di pubblica utilità. Necessitano pertanto di finanziamenti pubblici adeguati e devono essere sostenuti da un piano straordinario di occupazione. Va adottato un provvedimento legislativo per il consumo di suolo zero e deve essere adottata una normativa legislativa specifica sulla gestione dell’acqua che recepisca la volontà popolare espressa nell’esito referendario.

 

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